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Quasi niente | economia domestica

Una quasi premessa

Vi racconto un giorno di cronaca inattuale, poco rilevante nella cronologia degli eventi mondani, un giorno di riflessione egocentrica, sviluppista e dall’ aria spiritualista. Niente di tutto questo. Vi racconto qualcosa d’altro. Forse solo questo e niente di tutt’altro. Vi racconto un giorno estratto da una cronologia autobiografica o dalla biografia di qualcun’altro. Non lo so di chi è questo racconto e non mi interessa saperlo. E’ mio, è tuo, forse di qualcun altro o di nessuno. Niente di tutto questo. E’ qualcosa d’altro. E’ questo. Punto. E’ questo punto. A questo punto non non mi resta che raccontavelo. 

Un giorno mi servivano delle cose, quelle cose che puntualmente mancano nel campionario delle esigenze quotidiane, quelle cose che cerchiamo nel mare delle cose ma manca sempre all’appello l’oggetto necessario. Il più utile, il più attuale. Ogni volta bisogna reperire queste cose che non abbiamo in quel momento, che non abbiamo mai avuto eppure sono cose usate già. Ma mancano sempre alcune cose. Cose che hai avuto, cose che hai già, che stai cercando per ricercarle ancora. Le stesse cose. Le cose riproposte, rivissute, riacquistate, rivendute, riusate, riperdute, ripulite, riperse, ritrovate. Nel mare della ripetizione cerchiamo per ripeterci un’altra volta ancora. Non ci resta che gridare al miracolo mentre il bip elettronico ritma il respiro della spesa. Bip-bip Bip - Miracolo!!

Mi mancava qualcosa quel giorno ma non volevo comprare niente, mi mancavano delle cose fondamentali, di prima necessità.

Necessitavo di beni che non conoscevo, che ne intuivo la loro presenza, interni e necessari a soddisfare la domanda.

Forse c’entra il Pil o forse no, forse c’entra la grande economia o forse no, forse c’entra la rete o forse no, forse c’entra l’agricoltura o forse no, forse c’entra la cultura o forse no, forse c’entra lo stato o forse no, forse c’entra la povertà o forse no. Niente di tutto questo o forse no. Qualcosa d’altro molto probabilmente. Quasi niente è la risposta più sicura e sincera. 

Era una questione pungente come il freddo fuori, pungente e naturale allo stesso tempo. Come naturale era la spinta al carrello semi vuoto al tintinnio della ruota cigolante e sbilenca. Forzando il baricentro della direzione venivo intanto miracolato al suono della ripetizione.

Quasi niente nel carrello, quasi niente fuori dal carrello. Quasi niente è quello che rimane dopo aver appiccato il fuoco alle stoppie e non mi lamento se lacrimano gli occhi mentre guardo il fumo nero e l’arsura della terra. Resto immobile. Con la postura retta respiro piano alla soglia del quasi, sul lato corto del quadrato, sul fondo neutro a mirare Dio nell’angolo in alto. Prego a Dio e piango al suono delle campanelle. 

Cosa volete?! Sono un miracolato.

Cosa volevo?!

Quasi niente. 

Non ho neppure una lista. Non ho mai avuto la lista della spesa. Entro, saluto i presenti e cammino. C’è la carta per terra, le piantine con i fiori colorati alla mia sinistra, ma non c’è il garofano. No. Non c’è più il garofano. Non ci sono più i fiori. Non ci sono più i fiori di una volta. Sono attento. Sono sempre attento alla vita. Cammino, mi addentro nella giungla pubblicitaria del commercio, del fabbisogno urgente e isterico e questo come al solito mi disorienta perché non sono abituato ai mille oggetti esposti, alle luci bianche, ai lunghi corridoi, alla semiotica militaresca dove tutto è al proprio posto e guai al peperone che accarezza una melanzana, al formaggio che fa le fila alla pasta. Non può galleggiare a pelo d’acqua l’arachide nella bottiglia di acqua minerale al flusso di anidride carbonica che spinge verso il tappo. Lui, il tappo, è là chiuso, girato su se stesso in attesa di essere svitato qualche volta. Ma è là, chiuso. Non può il limone argentino stare con la sparachiodi inflazionata nel cesto delle offerte vicino alla cassa, eppure avrebbe una così tanta voglia di penetrare qualcosa di sostanzioso, di contenuto. 

Ma dove sono i contenuti? 

Non può la sparachiodi, perché il limone ha i semi, perché la scorza è gialla, la polpa è dolce e morbida e poi parliamoci chiaro la sparachiodi è così proletaria da pensare solo ai muri. Il muro è il muro. Il muro e il muro. Il muro è. Il muro. E’.

E’ una questione di contenuto?!

E’ una questione naturale.

Cosa volevo?!

Quasi niente.Eccomi nel reparto ortofrutta, è una gioia vedere tutti quei colori tra le cassette, alcune di legno altre in plastica, tanto da farmi venire una certa solastalgia bucolica, e in alcun momenti anche un po’ di nostalgia d’altri tempi, momenti forse mai 

vissuti o vissuti in parte nel tempo residuo che i miei nonni mi hanno donato come testimone resistente a un mito nuovo svenduto dai commercianti del tempo. Ma noi siamo a mezzogiorno. Suonano le campane e misuri quel che resta. Ho visto crescere la zucchina sotto il sole di agosto, il fiore giallo aprirsi e diventare qualcos’altro. Che Dio lo benedica. Il miracolo non fa bip. E noi? Che Dio ci benedica. Noi non siamo noi. Noi non siamo più noi. Và raccolto il raccolto. All’alba, noi,  tutti giù per terra a travagliare il contenuto senza parole, solo canti di gioia, certo qualche parolaccia, ma niente parole aggiunte perchè si sà cha al contadino le parole son poche e tutte servono al padrone. 

Eppure oggi le parole sono importanti, lo sa bene il sale dell’Himalaya, la papaya, il Kiwi, la salsa di soia. Tutto ha un nome e basta quello. Ero distratto quel giorno, lo so, dovevo stare attento nel reparto ortofrutta, per accorgermi che forse poco importa che un’insalata sia cresciuta prima di un’altra, che una lumaca abbia mangiucchiato una foglia piuttosto che un’altra e che il verde sia più intenso in alcune parti e più chiaro nelle altre. Che la cassetta fosse graffiata sul lato sinistro e l’etichetta adesiva del prezzo fosse scollata sullo spigolo inferiore del lato destro.

Ma a chi importa questo? 

 

Che Dio fosse un distratto, lo sappiamo tutti. E’ naturale. Ma lui che nè sa. E’ distratto e tutto è così com’è. Al primo banco, lui, è distratto. Voleva solo essere li. Presente.

- Romanelli !! 

- Presente (col dito verso l'alto). 

 

E’ domenica adesso.

Leggere il giornale nell’auto ferma non importa a nessuno ma dal sedile posteriore io ascoltavo il sussurro della lettura a mente.

Le parole sfuggono prima o poi. 

A cosa servono? 

A cosa serve? 

A cosa servo?

 

Quasi niente.

 

 

 

 

Francesco Romanelli,

molto probabilmente.

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