top of page

QUASI NIENTE

a cura di Lorenzo Madaro

QUASI NIENTE | filo d'aria

Lettera a Francesco Romanelli

Francesco, il tuo nuovo gesto artistico che hai chiamato Quasi niente | filo d'aria si pone in continuità con le tue installazioni recenti. Nella continuità, introduci una variante: in questo caso dai l'enfasi all'elemento sonoro; che nella rilevanza, quasi si pone in opposizione all'elemento visivo. Il mio discorso si muoverà intorno a questa emergenza. Prima però ritengo opportuno ritornare indietro e tirare le fila dei lavori precedenti.

I QUASI NO CHE PRECEDONO UN QUASI SI (NON DEFINITIVO)

Tiro le fila al negativo (nel senso della fotografia, invertendo le luci e le ombre). In immersione/ continua stanza hai detto quasi no al ben costruito. Lì, il caso aveva dato l'avvio e il tempo era il protagonista della performance. Lì, insinuavi domande (dubbi) sulla durata (sulla lunghezza) del tempo, con le qualità fisiche duro/molle, che si possono mettere in corrispondenza rispettivamente con a lungo termine/a breve termine. Lì, in definitiva, il no investiva la memoria. L'affidabilità e la completezza della memoria ne uscivano minate non poco (...)

DESCRIVO L'INSTALLAZIONE

Su due tasselli prismatici di legno (pezzi di risulta dei lavori precedenti), situati a pochi metri l'uno dall'altro, hai collocato due lattine (aperte da un lato). In una delle due hai sistemato un piccolo lettore mp3. L'altra è vuota. Le basi chiuse delle due lattine sono collegate da un filo. Il lettore mp3 emette in (loop) il suono di un respiro umano (è il respiro di una delle tue nonne). L'installazione è collocata all'aperto, nelle urge baresi (dintorni di Andria). Una delle due lattine funziona da emittente, l'altra da ricevente. Il filo trasmette il suono (contribuisce a trasmetterlo in una direzione). Una è assimilabile a una bocca, l'altra all'orecchio. Hai costruito e messo in scena, con materiali recuperati e ready made, una connessione. O, meglio, una risonanza.

LA TUA E' UNA INSTALLAZIONE SONORA?

La tua installazione non è fatta solo di suono. E' un'installazione visiva, il cui elemento centrale è il sonoro. Il sonoro, che è strettamente imparentato col verbale (senza coincidere con esso) è un attributo (un senso) non paritario del visivo nell'arte visuale ( il sonoro ha una maggiore coincidenza con il mondo della parola scritta, con la letteratura). Nelle arti visive al suono è assegnato, più o meno implicitamente, uno stato di minorità artistica. Il tuo gesto ha una componente visiva che mima, per semplificazione, due persone. E poi, elemento affatto trascurabile, è inserita in aperta campagna. L'elemento centrale è il respiro.

IL SUONO NELLA VISIONE

Provo a tirare le fila e schematizzo: c'è una componente visiva (i due barattoli collegati col filo e poggiate su due assi di legno), una sonora (il respiro) e un contesto (la campagna delle Murge).

Questi tre elementi, che lo schema separa, concorrono all'evento artistico attuale. Che riprende i tuoi precedenti lavori, in cui emergeva la messa in discussione della validità della visione (e quasi l'indicazione di un'azzeramento). La riproposta si carica di nuovi elementi significativi: il suono e l'aperta campagna. E' il caso, ora, di focalizzare l'attenzione su questi elementi. Il suono è il respiro, un suono che precede la parola e che sostiene quando è emessa, un suono primordiale che dice (senza sovrastrutture di alcun genere?) l'inspirazione (da fuori a dentro) e l'espirazione (da dentro a fuori). Il respiro, l'accadimento che forse più di ogni altro dice l' essere vivi, la vita. Un suono, alla lettera, vitale. In cui, è anche possibile distinguere un'intonazione e un timbro (come per tutte le emissioni di voce). Un suono in cui il significante (sonoro) e il significato coincidono (con poco margine di approssimazione). Il respiro indica un ritmo. Un ritmo tripartito: inspirazione, pausa, espirazione. L'aperta campagna è il mondo, la prima e anche l'ultima casa che l'uomo, ogni uomo, abita. Il respiro, in particolare, è il respiro di tua nonna. A me viene da pensare (c'è sempre un grado di arbitrarietà negli accostamenti analogici) alla Grande Madre (il francese e inglese includono la nonna nella grande madre). La cornice delle urge, dà una ulteriore specificazione (il grado di arbitrarietà cresce): la Grande Madre Terra. In passato, nei tuoi gesti artistici avevi alluso a pratiche extraartistiche come il lavoro della terra (secondo procedimenti manuali più che con l'ausilio di mezzi meccanici). Qui, questo rimando è reso con più evidenza, è esplicato.

IL REALE IN RISONANZA

In quasi niente | filo d'aria sposti l'accento dal visivo al sonoro. Così facendo suggerisci uno slittamento di attitudine (di forma mentis) nella descrizione (o percezione) del reale. Togli forza al visivo, senza annullarlo, e lo accosti al sonoro. Visivo e sonoro, entrambi sono tessere che contribuiscono al mosaico del reale. Il sonoro, tra l'altro, una maniera diversa di attuazione della comunicazione (del passaggio di informazione). tale passaggio presuppone il verificarsi di una risonanza; ossia, alla lettera, un'oscillazione tra emittente e ricevente con frequenze uguali. Questo dà al sonoro una patina speciale di cui il visivo non si può fregiare. Questo spostamento (questo rifiuto parziale) va di pari passo con l'emersione (ecco il quasi si) di quasi un alfabeto segnico, di cui in passato hai presentato un elenco provvisorio (parziale e incompleto) Ancora nel solco del grado zero (semantico, ma pure etico, mi autocito), che si può caricare (sempre con un grado di arbitrarietà) anche di valenze etiche, con rimandi anche a pratiche extraartistiche (le pratiche contadine del lavoro della terra).

Francesco, continui la tua ricerca di forme minime, "rette" (come altrove ho scritto) da regole, da equilibri, da limiti, e poco distanti dalla base di partenza". Base di partenza che qui, con un certo grado di arbitrarietà, identico con la terra. Quasi niente | filo d'aria aggiunge ulteriori tasselli. 

(testo di Massiamo Grecuccio)

Quasi superficie | 1960

bottom of page